Quinto classificato
Oreste Ferrando
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Nelle alpi la cultura si è plasmata in senso ecologico. Se il mondo
alpino ha conservato la
sua specifica identità è dipeso dalla forza, dall’equilibrio
e dalla funzionalità stessa dell’adattamento dell’uomo
all’ambiente. Le tracce lasciate dall’uomo non rappresentano solo
una passata occasione di ricchezza ed uno scempio all’ambiente ma anche spazio
integrato tra natura e attività umane. Gli aspetti ripetitivi di tali
attività nell’ambiente sono da considerare come una delle tante
dimensioni della storia. Le azioni antropiche segnano il territorio sempre
più in profondità, e la rimappatura della terra diviene per
l’uomo stesso una visione sempre più familiare.
L’opera ha come intento la conoscenza del linguaggio tra uomo e ambiente proprio
attraverso il territorio da lui stesso plasmato: e guardando alla cartografia
come ad una sorta di libro aperto si scoprono, nel comportamento dell’uomo
sulla terra, delle costanti ricorrenti come archetipi emotivi.
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La mappatura è testimonianza culturale di una presenza e tale rimane come
’comunicoteca’ di informazioni per ulteriori attività di ricerca,
di tutela e promozione del paesaggio. Il progetto è un sostegno culturale ad
un mondo-lavoro tanto antico quanto contemporaneo perché capace nel tempo,
pur mantenendo una propria identità, di confrontarsi con le sempre nuove
esigenze del contemporaneo; è ricerca sulla natura dei segni, come quelli
primari iscritti dall’uomo sul suolo, gli stessi che la natura col suo tempo
riassume in un tutto omogeneo e organico.
Nella visione ecologica prospettata lo studio ha sviluppato i propri temi e
l’opera si è delineata seguendo i punti specifici dell’ambiente
naturale e culturale della Comunità in oggetto. Oltre ai concetti sopra
anticipati il lavoro si ispira, elabora e rappresenta altri caratteri specifici
quali quelli umani come la frammentazione, il rapporto con gli elementi e la
materia; e quelli morfologici come la struttura del rilievo (transito,
comunicazione), e la stratificazione territoriale, con i suoi versanti dove
si coglie il senso del paesaggio alpino, e con le sue dualità in cui gli
opposti sono elementi imprescindibili della natura, (architetture di vuoti⁄pieni,
luce⁄ombra, vegetazione⁄abitato, ostacolo⁄passaggio); come l’autonomia
geografica, l’omogeneità di quando ogni elemento è indissociabile
dall’insieme.
Il progetto esposto va letto in un contesto teso ad una alternativa valorizzazione ambientale del territorio del Grand Combin, quale contesto alpino, con un lavoro di integrazione tra memoria storica, ricerca artistica e presenza umana.
Il radicamento della cultura regionale nel territorio e nel patrimonio paesaggistico-ambientale, nel quale si sono storicamente rappresentate le comunità locali, indirizza la scelta di fondare la ricerca sulla valorizzazione conservativa del patrimonio ereditario naturale e culturale che sia capace di esprimerne l’identità storica. Una identità valorizzata non soltanto in termini di rinnovata immagine paesistica ma anche di soggettività territoriale, di caratterizzazione ambientale, vista la grande varietà di paesaggi e relative culture locali della Valle d’Aosta. L’opera trae infatti ispirazione e forza da fattori endogeni il luogo e dalle risorse locali presenti nelle unità di paesaggio interessate, nel rispetto della conservazione. Ii lavoro proposto parte e si attiene nel suo evolversi ai processi storici di acculturazione della montagna e ai segni emergenti di quelli naturali morfologici, focalizzando l’attenzione sui soli aspetti che direttamente influiscono sulla percezione e fruizione delle forme e della qualità sensibile dei luoghi, nella ricerca di un rapporto d’appartenenza proponendo uno sguardo alternativo al paesaggio.
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